Attribuzione del sesso alla nascita: quali tutele per il minore intersessuale?

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La normativa italiana in materia di stato civile non consente di apporre nell’atto di nascita un’indicazione del sesso neutra o provvisoria. In caso di incertezza si dovrà indicare il sesso ritenuto “prevalente”, indicazione che può rivelarsi errata.


Il sesso, in quanto elemento che più identifica l’identità di una persona, deve sempre essere indicato nell’atto di nascita  (cfr. art. 30 DPR 396/2000).

Può capitare, però, che la diagnosi clinica di tale attributo si riveli incerta a causa della presenza, nello stesso soggetto, di caratteri sessuali sia maschili, sia femminili.

Si parla in questi casi, di “intersessualismo” o “variazione della differenziazione sessuale” ossia di tutta quella serie di condizioni tra loro eterogenee, accomunate dal dato indefettibile dell’ambiguità, più o meno marcata, degli organi sessuali, tale da rendere impossibile una sicura ascrizione dell’individuo all’uno o all’altro sesso.

La normativa italiana in materia di stato civile non consente di apporre nell’atto di nascita un’indicazione del sesso neutra o, quantomeno, provvisoria.

In caso di incertezza, pertanto, si dovrà indicare il sesso ritenuto “prevalente”, spesso con una modalità di accertamento alquanto sommaria e, quindi, potenzialmente errata.

Non è difficile immaginare quanto dolore e quanto disagio possa avvertire una persona intersessuale nei suoi primi anni di vita e durante la sua pubertà.

Da adolescente ho capito che non ero un ragazzo. Niente barba, Niente muscoli. E al tempo stesso pensare che potessi diventare una donna mi era impossibile. Bastava guardarsi allo specchio per capirlo, non avevo neanche i seni“.

Sono le parole della prima persona che, nata con una “vagina rudimentale, un micro pene senza testicoli“, al momento della nascita era stato registrato come di sesso maschile creando in lui tantissima sofferenza.

E che nell’ottobre del 2015, ha ottenuto il riconoscimento da parte di un tribunale francese del diritto a scrivere “sesso neutro” nel suo stato civile.

La persona intersessuale che intenda rettificare l’indicazione del sesso e del prenome dichiarati alla nascita all’ufficio di stato civile dovrà procedere secondo l’art. 95 del D.P.R. n. 396/2000.

La norma si applica, infatti, ai casi in cui si intenda procedere alla correzione di un atto di stato civile a causa di un vizio nel procedimento di formazione del medesimo, dovuto a un errore in cui sia incorso l’ufficiale di stato civile o il denunciante: è evidente che, nel caso in esame, vi è stato, al momento della dichiarazione di nascita, un errore non riconoscibile dovuto ad un’incertezza sul sesso del neonato.

In altre parole, sul registro dello stato civile figura “una storia diversa dalla storia vera sì che non si tratta di una controversia intorno al sesso della persona ma intorno alla veridicità dell’atto di nascita” come ben spiegava l’illustre giurista Carnelutti.

L’azione di rettificazione potrà essere esercitata, oltre che dallo stesso soggetto intersessuale, anche dai suoi genitori nel caso di sua minore età.

Nel caso in cui, però, i genitori siano renitenti ad avviare il procedimento, potrà essere nominato un curatore speciale dal momento che, tra gli innumerevoli interessi coinvolti in tali fattispecie, deve sempre prevalere quello del soggetto intersessuale, in particolare se minorenne.

Interessante, a tale proposito, la sentenza con cui il Tribunale di Potenza, nel disporre la nomina di un curatore speciale in tale senso, decretava la sospensione dalla responsabilità genitoriale.

Ovviamente, trattandosi di un soggetto minorenne, dovrà essere data piena attuazione dall’art. 336 bis del nostro Codice di procedura civile e secondo il quale “il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, è ascoltato dal Presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano».

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