Rette nelle case di riposo, la disciplina Isee non può essere derogata dai regolamenti comunali.

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Non vi è alcuna possibilità di calcolare la capacità reddittuale/patrimoniale del cittadino con un altro criterio se non quello di cui alla disciplina Isee.


Con la sentenza n. 94 depositata in data 15.01.2018, la Terza Sezione del Tar della Lombardia ha annullato il regolamento del Comune di Milano nella parte in cui stabilisce che “nel caso in cui l’utente possieda beni mobili oltre la cifra di € 5.000,00, l’Amministrazione comunale differirà l’intervento fino a che queste risorse, impiegate per il sostegno dell’utente in forma privata non si saranno ridotte a tale importo di € 5.000,00. Qualora il beneficiario entrasse in possesso di ulteriori beni o redditi, dette sopravvenienze devono essere prioritariamente utilizzate per il pagamento della retta. In tale evenienza il Comune di Milano valuterà, in relazione all’entità dei suddetti beni e/o redditi, se sospendere temporaneamente l’intervento economico fino alla concorrenza della somma pervenuta al beneficiario”.

Secondo il Tar lombardo, infatti, questa disposizione si pone in contrasto con la vigente normativa concernente l’I.S.E.E., Indicatore della situazione economica equivalente, normativa che deve essere applicata dai Comuni per la “determinazione della condizione economica di coloro che chiedono prestazioni agevolate di tipo sociale o misto sociale-sanitario”.

Il caso traeva origine dal ricorso presentato dall’amministratore di sostegno di una giovane ricoverata presso Il Piccolo Cottolengo di Milano attraverso il quale era stata impugnata la decisione del Comune di Milano di disporre il passaggio della ricoverata al regime di solvenza per il ricovero. In particolare, oggetto di ricorso era il Regolamento comunale nella parte in cui era prevista la possibilità per l’amministrazione comunale di differire l’intervento economico “nel caso in cui l’utente possieda beni mobili oltre la cifra di Euro 5.000,00, fino a che queste risorse, impiegate per il sostegno dell’utente in forma privata non si saranno ridotte a tale importo di Euro 5.000,00. Qualora il beneficiario entrasse in possesso di ulteriori beni o redditi, dette sopravvenienze devono essere prioritariamente utilizzate per il pagamento della retta. In tale evenienza il Comune di Milano valuterà, in relazione all’entità dei suddetti beni e/o redditi, se sospendere temporaneamente l’intervento economico fino alla concorrenza della somma pervenuta al beneficiario“.

Secondo il Comune di Milano, infatti, l’utente poteva essere definito solvente perché oltre a un I.S.E.E. di ben Euro 2.446,45/annui si venivano ad aggiungere le provvidenze assistenziali esenti IRPEF che nell’indicatore I.S.E.E. di cui al D.P.C.M. n. 159/2013  non sono calcolate.

Con la sentenza in esame, il Tar Lombardia, III Sezione, ha, invece, chiarito che in merito alla definizione della condizione economica dell’assistito, l’art. 2, I comma, del D.P.C.M. n. 159/2013, prevede che “la determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, II comma, lettera m), della Costituzione”.

L’IS.E.E., in quanto sistema di determinazione della condizione economica di coloro che chiedono prestazioni agevolate di tipo sociale o misto sociale-sanitario, non è strumentale solo alla determinazione della soglia massima entro il quale l’ente locale decide di contribuire alle spese di mantenimento e della quantificazione del relativo contributo ma anche uno strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati.

Con la logica conseguenza che non sono ammessi altri sistemi di calcolo delle disponibilità economiche dei soggetti che chiedono prestazioni di tipo assistenziale o comunque rientranti nell’ambito della disciplina dell’ISEE.

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