Cosa succede alle pensioni quando il minore con disabilità compie 18 anni?

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Grazie alla Legge n. 116/2014, ai minori già titolari di indennità di accompagnamento per invalidità civile, o cecità o di comunicazione per sordità sono attribuiti, al raggiungimento della maggiore età, le prestazioni economiche erogabili agli invalidi maggiorenni, senza ulteriori accertamenti sanitari.


Prima dell’entrata in vigore della legge n. 116 del 11.08.2014, il minore titolare di indennità di accompagnamento per una grave disabilità, anche se stabilizzata e ingravescente, doveva, al compimento dei 18 anni, sottostare ad una nuova valutazione dell’invalidità altrimenti veniva revocata l’indennità e non veniva concessa la pensione che gli sarebbe spettata come maggiorenne.

Il V comma dell’art. 25 di tale legge prevede che “ai minori già titolari di indennità di frequenza, che abbiano provveduto a presentare la domanda in via amministrativa entro i sei mesi antecedenti il compimento della maggiore età, sono riconosciute in via provvisoria, al compimento del diciottesimo anno di età, le prestazioni erogabili agli invalidi maggiorenni. Rimane fermo, al raggiungimento della maggiore età, l’accertamento delle condizioni sanitarie e degli altri requisiti previsti dalla normativa di settore“.

Il successivo comma 6 precisa, inoltre, che al minore titolare di indennità di accompagnamento per invalidità civile, o cecità o di comunicazione per sordità “sono attribuite al compimento della maggiore età le prestazioni economiche erogabili agli invalidi maggiorenni, senza ulteriori accertamenti sanitari.”

Quindi, al raggiungimento della maggiore età, è previsto  unicamente un accertamento dei requisiti socio-reddituali (il cosiddetto modello AP70) per attribuire il diritto alle prestazioni economiche erogabili agli invalidi maggiorenni, quindi senza ulteriori accertamenti sanitari.

Non si tratta di una modifica da poco se si considera che il genitore, una volta che il proprio figlio è diventato maggiorenne (acquistando la cosiddetta capacità di agire), per poter continuare a tutelare l’interesse del proprio figlio dovrà esserne nominato rappresentante legale da parte del Tribunale.

Fino a quando, infatti, il figlio è minorenne, il genitore lo rappresenta legalmente potendo, quindi, agire in suo conto senza bisogno, di regola, di particolari formalità.

Nel momento in cui il figlio raggiunge la maggiore età, questo “automatismo” viene decadere dal momento che per l’ordinamento giuridico tale soggetto, avendo acquistato la capacità di agire, si presume capace di compiere atti giuridici validi.

Nel caso in cui, quindi, il neomaggiorenne si trovi in una situazione d’incapacità sarà necessario pertanto, azionare il procedimento volto ad ottenere la nomina di un tutore, curatore o amministratore di sostegno (ruolo che potrà essere svolto da uno dei genitori o da altre figure vicine alla famiglia).

L’entrata in vigore della n. 116/2014 ha di certo facilitato la vita a quei genitori che, per le gravi problematiche vissute dai propri figli, non possono permettersi di cessare dall’essere i loro rappresentanti legali solo perché questi hanno raggiunto la maggiore età.

 

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