Novità: per l’invalidità civile la prima casa non fa più reddito.

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Dal computo del reddito ai fini del riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile, cecità e sordità deve essere escluso quello della casa di abitazione.


La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 5479 del 2012, ha stabilito che, in materia previdenziale, il reddito della casa di abitazione deve essere escluso dal reddito imponibile.

Nel respingere il ricorso presentato dall’Inps, la Suprema Corte ha, infatti, affermato che le norme specifiche di riferimento sono costituite dall’art. 12 della legge 30 marzo 1971 n. 118 e dall’art. 26 della legge 30 aprile 1969 n. 153: la prima, per le condizioni economiche richieste per la concessione della pensione di inabilità, rinvia a quelle stabilite dalla seconda per il riconoscimento della pensione sociale ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito. Per quest’ultima prestazione la norma esclude dal computo del reddito gli assegni familiari e il reddito della casa di abitazione.

Secondo la Cassazione in sostanza si applica la normativa prevista per la pensione sociale in tema di pensione di inabilità.

Sulla base di questa pronuncia (che è stata poi confermata da successivi interventi giurisprudenziali quali Cassazione, Sezione Lavoro, n. 27381/2014 e 14026/2016), l’INPS ha emanato, in data 21.04.2017, la circolare n. 74 con la quale ha statuito che “dal computo del reddito ai fini del riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile, cecità e sordità deve essere escluso quello della casa di abitazione”.

Con decorrenza primo gennaio 2017, il reddito da casa di abitazione è pertanto da considerarsi escluso ai fini del diritto alle prestazioni d’invalidità civile, cecità e sordità sia in fase di prima liquidazione che di ricostituzione di prestazione già esistente.

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