Si tratta, infatti, di prestazioni sanitarie per le quali sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, come accertato dalle Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico.
Il tribunale civile di Roma, con ordinanza del 9 ottobre 2018, ha accolto il ricorso proposto dai genitori di un bambino di 5 anni con autismo, stabilendo che le terapie ABA per il figlio devono essere sostenute dall’ASL.
ABA sta per Applied Behaviour Analysis, ovvero Analisi del Comportamento Applicata.
La metodologia si basa sull’uso dei principi della scienza del comportamento per la modifica di comportamenti socialmente significativi. Viene applicata con successo a bambini con autismo da almeno tre anni.
Dalla letteratura scientifica emerge che risulta maggiormente efficace se iniziata precocemente, entro i 4 anni di età. I genitori del bambino, nato nel 2013 ma con diagnosi effettuata solo nel 2015, si erano rivolti alla Asl e al Bambino Gesù, che aveva consigliato la terapia ABA. L’azienda sanitaria, tuttavia, non aveva strutture autorizzate a erogare il servizio, né personale certificato. Così i genitori sono stati costretti a rivolgersi a centri privati spendendo, solo nei primi 3 anni, circa 40.000 euro.
I genitori si sono rivolti, quindi, al Tribunale di Roma, promuovendo un ricorso ex art. 700 c.p.c., affinché venisse accertato il diritto del figlio a ricevere a carico del servizio sanitario regionale il predetto trattamento riabilitativo cognitivo comportamentale nonché il rimborso delle spese sostenute per l’impiego di tale metodologia dal 2015 ad oggi.
Il ricorso è stato accolto parzialmente poiché il Giudice ha condannato la Asl a sostenere le spese delle cure ABA future, stabilite in 40 ore settimanali per 48 mesi, mentre ha respinto la richiesta di rimborso delle spese già sostenute, ritenendo che tale istanza vada presentata attraverso ricorso ordinario, essendo totalmente priva del requisito del periculum in mora, trattandosi di risorse già corrisposte dai ricorrenti alle strutture che curano il minore e non avendo allegato essi ragioni irreparabili che giustifichino l’immediatezza di tale rimborso.
In particolare, secondo il giudice ricevere quelle cure dal Servizio Sanitario Nazionale è nei diritti del bambino “trattandosi di prestazioni sanitarie per le quali sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio”.
Infatti il D.Lgs. 502/1992 all’art. 1 stabilisce altresì che “Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche…omissis… i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale” ed al comma 7: “Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate”.
Dunque, partendo proprio dai suddetti dati normativi, secondo il Giudice “si può certamente affermare che sussista, nel caso de quo, il diritto del minore, affetto da autismo, all’erogazione, da parte del Servizio Sanitario Nazionale, di un trattamento cognitivo comportamentale modello ABA, trattandosi di prestazioni sanitarie per le quali sussistono evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, come accertato dalle Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico”.