
L’indennità di accompagnamento non fa reddito in quanto misura volta a garantire alla persona condizioni di vita dignitose.
La Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza n. 26302 dello scorso 8 Giugno, ha stabilito che, ai fini della determinazione del reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio, non debba tenersi conto di quanto percepito a titolo di indennità di accompagnamento.
Un soggetto con invalidità totale percettore di una indennità di accompagnamento si era visto negare l’ammissione al gratuito patrocinio in quanto la somma dell’indennità al reddito del nucleo familiare, determinava il superamento dei limiti di legge.
Secondo il Giudice che si era occupato in primo grado della vicenda, infatti, l’indennità di accompagnamento doveva essere qualificata a tutti gli effetti quale “reddito” e, in quanto tale, concorrente a formare la base di calcolo rilevante ai fini del DPR 2002/115.
La sentenza in esame, allineandosi ad una serie di altre importanti pronunce, ha evidenziato, invece, che tale indennità, avendo natura di “sussidio destinato a fare fronte agli impegni di spesa indispensabili per consentire alla persona disabile, condizioni di vita compatibili con la dignità umana”, non è valutabile ai fini della determinazione del reddito non determinando un incremento patrimoniale del beneficiario ma avendo una finalità unicamente assistenziale.
L’importo percepito dal richiedente gratuito patrocino a titolo di indennità di accompagnamento non deve, pertanto, essere sommato alle altre fonti di reddito per la determinazione della base di calcolo rilevante ai fini del DPR 2002/115.
Da tale principio deriva il fatto che dell’indennità di accompagnamento eventualmente percepita, non debba tenersi conto neppure ai fini dell’esonero dal pagamento delle spese di lite in caso di soccombenza e dell’esenzione del versamento del Contributo Unificato.